“Ettore, o l’innocenza dell’eroe - Intervista a Tommaso Ragno”
Un Ettore malinconico e fiero in Troilo e Cressida di Shakespeare, un Milton Friedman carismatico come una star del teleschermo e ancora un Adamo alle prese con le nevrosi di una coppia moderna per Lo specchio del diavolo di Giorgio Ruffolo: Tommaso Ragno racconta le sue trasformazioni per il progetto Domani…
Ettore è sempre stato il più amato degli eroi omerici: neanche nell’ottica dissacrante di Shakespeare la sua nobiltà d’animo e la sua generosità vengono demolite. Come ha affrontato questo personaggio insieme a Luca Ronconi?
Uno dei punti essenziali della visione di Ronconi è la contrapposizione di due civiltà, quella troiana e quella greca, che vivono in due tempi diversi: una è una civiltà al tramonto, l’altra rappresenta l’avvento della nuova barbarie, che viene a distruggere ciò che c’era prima. Ettore è consapevole che Troia cadrà e i troiani moriranno, sa che della sua civiltà non rimarrà nulla. Nonostante la lucida coscienza della fine che lo attende, questo sentimento di accettazione della morte, è tuttavia agitato dal dubbio riguardo a cosa sia giusto fare per salvaguardare se non la vita, almeno l’onore della sua gente. Shakespeare ce lo presenta, così, in un primo momento combattuto circa l’opportunità di restituire Elena ai Greci, e poi attraversato da un forte desiderio di incontrare Achille e di battersi con lui. Quello che mi sembrava importante era riuscire a rappresentare il valore non soltanto in termini cavallereschi, ma anche da un punto di vista umano: quello di un uomo che vive in anni di guerra, in tempi in cui tutto può andare in frantumi, la vita può non valere niente, una famiglia può crollare da un momento all’altro, ideali che sembravano importanti vengono improvvisamente capovolti e sostituiti da altri. L’eroismo astratto qui c’entra ben poco: è un mosaico molto variegato, dove ci sono aspetti tragici ma anche ridicoli. Ettore cerca di predisporsi meglio che può ad ogni azione, ma non gliene va bene una... La tragicità di tutto questo sta proprio nell’innocenza dei Troiani. È questa innocenza tragica che consente di portare al massimo grado l’idea di eroismo, senza però cadere nella retorica. I Troiani vestiti di pesanti armature, come arcaici cavalieri, sono quanto di più lontano ci sia dall’immagine truce del guerriero: paradossalmente la pesantezza delle corazze mette in evidenza la leggerezza del loro animo. Ettore condensa in sé questo mondo. Nella scena del duello, quando fa il suo ingresso nel campo greco per battersi con Aiace, avviene un cambiamento in tutti i personaggi: è come se si entrasse improvvisamente in un altro tempo. L’arrivo di Ettore fra i nemici rappresenta l’entrata del valore in un campo in cui il valore non c’è più.
Valore, innocenza, tragicità: sono dunque questi gli elementi su cui avete lavorato…
Sì, ma non solo. In Troilo e Cressida è importante la stratificazione delle relazioni più che la trama degli avvenimenti: il modo in cui i personaggi cambiano di volta in volta, il loro entrare in contatto e le conseguenze che ne derivano. Ettore rappresenta il valore, e abbiamo cercato di far passare questo innanzitutto, ma c’è in lui molto altro. Ad esempio c’è la decisione repentina di non restituire Elena, che arriva dopo la sua lucida esposizione, davanti al consiglio troiano, di tutte le ragioni per cui invece sarebbe stato opportuno rimandarla indietro: qui la razionalità del personaggio è convertita da Shakespeare in un atto inaspettato. O, ancora, c’è il complesso rapporto con Achille, figura opposta e nello stesso tempo complementare a quella di Ettore. Achille è un “buco nero”, un personaggio che ha perduto la propria identità: sarà proprio Ettore a restituirgliela, andando ad incontrarlo.
Nel Lo Specchio del diavolo lei interpreta due personaggi, Adamo e Milton Friedman. La rivisitazione della Genesi e della cacciata dall’Eden di Giorgio Ruffolo è molto ironica. Come ci avete lavorato?
Le figure di Adamo ed Eva rappresentano, nella storia di Ruffolo, gli albori dell’economia e insieme la perdita dell’innocenza da parte dell’uomo. Sulla scena, però, non si vede solo il classico percorso iconografico dei personaggi biblici. Viene usato un tempo diacronico: Adamo ed Eva rievocano la loro storia, come una vecchia coppia di coniugi, rivivendola allo stesso tempo via via che la raccontano.
Friedman fa invece una breve ma folgorante apparizione…
Sì, un’entrata da “divo”. È solo una breve scena, ma in questo modo risulta teatralmente molto forte e incisiva. Apparentemente è una figura secondaria, ma le sue teorie danno il via ad una serie di trasformazioni fondamentali nel mondo dell’economia: Friedman è stato il fautore del liberalismo e ha dato l’impulso ad una politica economica molto aggressiva. L’utilizzo degli schermi televisivi, che al suo ingresso in scena rimandano l’immagine del suo volto replicata decine di volte, serve a sottolineare questo aspetto. È un po’ come dire: ecco, arriva lo squalo!
Quali differenze di approccio ha riscontrato accostandosi ad un personaggio complesso e sfaccettato come Ettore e poi a delle figure bidimensionali come quelle dello Specchio del diavolo?
Sicuramente non sono i personaggi di Shakespeare: le figure che Ronconi ha studiato per mettere in scena il testo di Ruffolo non sono mai psicologizzate, non hanno un percorso. Se Shakespeare richiede agli attori un coinvolgimento totale, Lo Specchio del
diavolo offre invece ad un interprete la rara possibilità di giocare con i personaggi, di inventare, anche se questo, certo, è un aspetto che attiene soprattutto al lavoro di Ronconi. L’allestimento è costruito come una sorta di grande varietà, perciò noi attori dobbiamo cercare di essere molto netti e chiari e di disegnare figure immediatamente leggibili, “stagliate”.
Lei aveva già lavorato con Luca Ronconi: ricordiamo Strano interludio e Misura per misura. Come vi siete conosciuti?
Quando ancora studiavo, lui venne a vedere un saggio, Sogno di una notte di mezza
estate, in cui facevo la parte di Oberon. Più avanti gli scrissi, perché desideravo lavorare con lui. Certo, però, capisco meglio ora, con qualche anno in più, il tipo di lavoro di Ronconi…
La preparazione di Troilo e Cressida e de Lo specchio del diavolo è durata diversi mesi. Cosa le è rimasto di questa esperienza?
È stata fondamentale. Questi sei mesi con Ronconi sono stati per me un percorso di individuazione: è stato come essere con Goethe a Weimar! La cosa più lussuosa di questa esperienza è proprio il tempo che abbiamo avuto per lavorare: è questo che mi dà una certezza, una sicurezza che vanno al di là del risultato o del successo di pubblico. Qui un attore non fa solo un’esperienza teatrale, ma anche culturale: può anche non capirla subito, ma la conserverà. Sono avventure di questo tipo che stimolano domande, suscitano interessi e curiosità, spingono anche ad un viaggio dentro se stessi. È un po’ come leggere Proust: un rapporto così lungo con un linguaggio, con una poetica è qualcosa che ti cambia. Non è solo la lettura di un libro, così come lavorare con Ronconi non è solo la preparazione di uno spettacolo. È stata un’esperienza etica prima che estetica.
Giorgia Marino - TST - Domani - link